NO - MoaiPress
Inizio a scrivere dicendo “NO”. In realtà è un inizio propositivo, che nel suo negare qualcosa intende promuovere altro. Consapevole della parzialità del mio parere, voglio fare un elenco di cose che, nell’ambito del dipingere in strada, non tollero più.

© Andrea Zandrelli
L’elenco si riferisce in particolare al mestiere del muralista, cioè di colui che, con una commissione pubblica o privata, dipinge un muro di una città. La mia invettiva non nasce oggi e di certo non si concluderà domani; sono rassegnato al fatto di dover ancora, ancora e ancora, ripetere questa lista di “NO”, occasione dopo occasione, ribadendo a infinite persone in infiniti contesti questi stessi motivi. Non importa, va bene così, continuerò a farlo con l’auspicio che tanti altri, amici e colleghi, si uniranno a me nel dire “NO”. Cominciamo.
1. Un artista non deve essere pagato in “visibilità”.
Non occorre particolare acume per comprendere che la strada, in quanto spazio pubblico, garantisce di per sé visibilità. Promettere visibilità a un muralista è come offrire mele a un fruttivendolo. Quindi, se vi offrono una sorprendente visibilità, invece che pagarvi, dovete dire “NO”.
2. Un artista non deve essere pagato meno di un imbianchino.
Non che il lavoro del pittore valga di più, ogni mestiere ha la sua dignità; tuttavia il muralista, oltre al fondo, dipinge “altro” sopra. Sarebbe come andare in pizzeria e pagare una pizza farcita meno di una margherita. Ma incredibilmente, spesso, questo accade: i muralisti sono pagati meno degli imbianchini perché, si sa, loro lo fanno per passione (!). Capita così di dipingere facciate pagati 3 o 4 euro al metro quadro, quando un imbianchino ne prenderebbe minimo 10. Se quindi vi propongono un tale contratto ricordate ai vostri committenti quanto gli costerebbe un imbianchino e poi ditegli “NO”.
3. Un artista non deve essere scelto in base al preventivo di un lavoro.
State scegliendo un impresa di pulizie? No! Il lavoro artistico certamente non si valuta con un preventivo economico al ribasso, a chi offre di meno. Dovrebbe questo essere l’ultimo dei criteri di valutazione, perché il lavoro intellettuale e materiale di un artista si calcola secondo parametri ben più complessi. Se vi chiedono un preventivo specificando che vincerà il più basso, rispondete “NO”.
4. Un artista non deve essere obbligato a presentare il bozzetto (perlomeno, non deve essere questo un criterio essenziale per essere scelto).
Il bozzetto può aiutare a capire le possibilità di quel che si dovrà realizzare, tuttavia sarebbe professionale scegliere un artista in base al corpus dei suoi lavori precedenti, al suo stile, al suo modo di relazionarsi in un contesto e alla sua progettualità. Quello tra artista e committente è un rapporto delicato di fiducia che, presentando un bozzetto, viene stroncato in partenza (va aggiunto che spesso molti committenti non sanno comprendere i bozzetti degli artisti, quindi tale mossa si rivela persino inutile). Se vi chiedono obbligatoriamente un bozzetto prima di affidarvi un lavoro rispondete “NO, guardatevi il mio portfolio”.
5. Un artista non deve essere scelto da una giuria popolare.
Lo so che piace tanto fare questi contest online in cui vince chi prende più voti, oppure quelle sfide tra artisti in cui gli abitanti del quartiere votano il migliore. Queste gare, che siano cyber o paesane, sviliscono la professionalità dell’artista e quella di tutti coloro che studiano o fanno ricerca in tale ambito.
Un esempio facile: quando viene l’idraulico a casa vostra vi mettete a disquisire su quali tubi e guarnizioni debba usare? Non credo, al massimo gli offrite un caffè e aspettate che finisca. Questo perché si presume conosca il mestiere meglio di voi, che di tubi e guarnizioni non sapete niente. È il meccanismo di fiducia nella professionalità altrui, accompagnato dalla consapevolezza della propria incompetenza in un certo ambito. Ecco, questo accade ovunque, meno che in ambito artistico. Di arte tutti parlano, giudicano e disquisiscono, perché, si sa, il “gusto è soggettivo”. Ottimo. Questo finché decidete il colore del vostro divano, ma non se si realizza un’opera pubblica. Per tali cose esistono professionisti che, dopo aver studiato anni, dovrebbero essere in grado di compiere scelte complesse, meglio di una giuria popolare alla Sanremo.
Per questo, le giurie popolari umiliano il mestiere dell’artista. Occorre dare fiducia a chi “sa”, affidarsi ad un esperto d’arte come ci si affida all’idraulico.
Riconoscere la professionalità altrui è il primo passo per migliorare la condizione di artisti, studiosi o ricercatori d’arte di ogni genere. È il primo passo per non indire una giuria popolare, per non farne parte e per non essere giudicati da essa. Se vi comunicheranno quindi che il vostro lavoro è valutato da una giuria popolare, social o in carne e ossa che sia, ditegli pure “NO”. E questa volta arrabbiatevi.